venerdì 28 settembre 2012

Maschere di cartone riciclato, dipinte con colori a tempera e pastelli
Signora mia... si sa, ai giraffini piace molto giocare a palla. Ma appena inforni una torta di foglie d'acacia, corrono subito a fare merenda!

lunedì 24 settembre 2012

Più amore meno merendine

Nell'infanzia, a mettere in moto il tuo motorino di avviamento dovrebbero essere i tuoi genitori. Il loro amore equivale alla loro stima. Al riconoscimento del tuo valore e della tua legittimità nell'occupare un posto in questo mondo.
È come dirti: tu sei degno di vivere e il mondo è contento di averti nelle sue fila.
La loro stima mette in moto la stima di te stesso.
È per questo, che è importante dare amore e quindi stima ai propri figli, più che giocattoli e merendine. Per questo, è importante insegnare ai propri figli ad affrontare le difficoltà, invece che evitargliele o risolvergliele.
Perché imparando ad affrontarle e risolverle acquistino stima in se stessi. Per metterli nella condizione di costruire quella stima e quell'amore per se stessi che sarà alla base della loro felicità.
(G.C.Giacobbe)

domenica 23 settembre 2012

La mia vita è fuori dal circo

Giorgia, 5 anni, è triste per aver appreso questa notizia... e si è ricordata quando sulla strada del mare ha visto una giraffa in gabbia, accanto alle roulotte di un circo.
La giraffa è per lei il simbolo dell'essere buoni, saggi: nonostante le sue dimensioni, lei vive spensierata mangiando le foglie dagli alberi.

La mia vita è fuori dal circo
My life is out of the circus
(Giorgia)


... E invece nei circhi, la costringono in gabbie anguste, ad esibirsi, pungolata dai domatori, come fosse un un fenomeno da baraccone.

Giorgia ha paura dei circhi circondati da gabbie di animali perchè in cuor suo sa che solo delle persone cattive riuscirebbero a tenere prigionieri gli animali, per far divertire umani senza cuore.

Sei hai un cuore, non andare a questo genere di circo!

 Interessante articolo di Cristina Nadotti su questo tema

venerdì 21 settembre 2012

giovedì 20 settembre 2012

Ciao, Gianfranco Zavalloni

Gianfranco Zavalloni - pedagogista italiano
 Lo scorso 19 Agosto, uno dei più innovativi pedagogisti italiani, se n'è andato prematuramente, lasciandoci meravigliose testimonianze della sua esperienza come maestro di scuola materna, creativo e saggio studioso. Di seguito una sua riflessione sull'evoluzione del mondo dell'infanzia e sulla necessità di rallentare il tempo. Da questa concezione, la sua nota "Pedagogia della Lumaca". 









A scuola di lentezza
di Gianfranco Zavalloni

In questi tempi è di gran moda, nelle case di campagna riabitate dai cittadini, avere un ulivo secolare in giardino. Peccato che dove oggi si costruiscono ville, un tempo non c’erano uliveti. Se si piantassero piccole pianticelle di ulivo ci vorrebbero anni per avere una bella pianta. Allora esistono ditte specializzate che espiantano ulivi secolari e li ripiantano anche a pochi metri dalla porta di casa. Nessuno ha più il tempo di attendere? Oggi si vuole tutto velocemente. Grazie alla televisione prima, e alle reti telematiche ora, è di gran voga la somministrazione di notizie “in tempo reale”, “in diretta”. Si è cioè convinti di potere di più se si è “in rete” con tutto il mondo attraverso un computer, un telefono o un monitor. A cosa serve tutto questo? Spesso non si sa. Si sa solo di essere collegati con tutto il mondo. Forse si ottiene un grande senso di sicurezza, di protezione, rispetto alla sensazione di “esser soli”. Si vive con il mito incalzante del tempo reale e si sta perdendo la capacità di saper attendere. Chi ha più il tempo di aspettare l’arrivo di una lettera? Oggi è possibile alzare la cornetta e sentire la persona con cui si vuoi comunicare in pochi secondi. Che vantaggio c’è nello scrivere delle lettere? Se tutto va per il giusto verso c’è da attendere una settimana. Molto meglio il telefono, la posta elettronica, la chat. Alcuni anni fa, quando ancora non esisteva Internet, Jeremy Rifkin ci ricordava che “… la razza umana si è basata, nel corso della storia, su quattro dispositivi fondamentali di assegnazione del tempo: i rituali vitali, i calendari astronomici, le campane e gli orari, e ora i programmi dei calcolatori. Con l’introduzione di ogni nuovo dispositivo, la razza umana si è staccata sempre più dai ritmi biologici e fisici del pianeta. Siamo passati da una stretta partecipazione ai ritmi della natura all’isolamento pressoché totale dai ritmi della terra…”.
Siamo nell’epoca del tempo senza attesa. Questo ha delle ripercussioni incredibili nel nostro modo di vivere. Non abbiamo più il tempo di attendere, non sappiamo partecipare a un incontro senza essere disturbati dal cellulare, vogliamo “tutto e subito” in tempo reale. Le teorie psicologiche sono concordi nel pensare che una delle differenze fra i bambini e gli adulti risieda nel fatto che i bambini vivono secondo il principio di piacere (“tutto e subito”), mentre gli adulti vivono secondo il principio di realtà (saper fare sacrifici oggi per godere poi domani). Mi sembra che oggi gli adulti, grazie anche alla società del consumismo esasperato, vivano esattamente come i bambini secondo le modalità del “voglio tutto e subito”. Sapremo ritrovare tempi naturali? Sapremo attendere una lettera? Sapremo piantare una ghianda o una castagna sapendo che saranno i nostri pronipoti a vederne la maestosità secolare? Sapremo aspettare? Si tratta di intraprendere un nuovo itinerario educativo. Genitori. insegnanti e tutti coloro che ruotano attorno al mondo della scuola, sono stimolati dalle suggestioni offerte dalla pedagogia della lumaca e possono ricominciare a riflettere sul senso del tempo educativo e sulla necessità di adottare strategie didattiche di rallentamento, per una scuola lenta e nonviolenta
Gianfranco Zavalloni
Questo il suo sito che ha guidato diversi docenti, guidando loro a  prendere  tempo... trovando il tempo di ascoltare e osservare.



“Tina Modotti. Fotografa e rivoluzionaria” a Lecce

LECCE - “Tina Modotti. Fotografa e rivoluzionaria”: ottanta scatti che raccontano la vita e l'impegno della fotografa italiana sono al centro della mostra, curata da Reinhard Schultz, allestita al Cineporto di Lecce.
L'esposizione, sarà inaugurata venerdì 21 settembre alle 19 e sarà visitabile fino al 14 dicembre.
Durante il vernissage sarà proiettato il film “Tina in Mexico” di Brenda Longfellow.

D’indole ribelle, proletaria per nascita, Tina Modotti (Udine, 17 agosto 1896 – Città del Messico, 5 gennaio 1942) appartiene a quella generazione di artisti che hanno intrecciato i fili dell’impegno sociale alle cause che, nella prima metà del XX secolo, hanno condotto a nuovi modi di intendere la ragion d’essere dell’uomo contemporaneo. Attrice di teatro e cinema, fotografa, rivoluzionaria, passionaria perseguitata, musa di grandi artisti come Pablo Neruda, modella dei pittori naturalisti messicani David Alvaro Siqueiros e Pablo Rivera, figura controversa dai molti nomi e dalle molte vite, la Modotti ha avuto una grande vera passione: la fotografia. Prima messa al servizio degli ideali sociali e poi sacrificata per la lotta politica, rivelatasi quando aveva vent’anni grazie a Edward Weston, il maggior fotografo dell’epoca che l’amò e ne fece la sua musa.
L’esposizione, curata da Reinhard Schultz con la collaborazione della Galerie Bilderwelt di Berlino (fotografie di Tina Modotti) e il Center for Creative Photography di Tucson, Arizona, comprende una selezione di 80 opere dell’artista dal 1923 al 1930. La maggior parte delle opere riguarda il periodo messicano dell’artista, mentre la serie dei ritratti di della Modotti riguarda, invece, il periodo di Los Angeles e sono firmati da Edward Weston, inclusa anche una foto del periodo hollywoodiano sul set del film “The tiger’s coat”. Nel corso dell’inaugurazione sarà proiettato il film “Tina in Mexico” di Brenda Longfellow.

La mostra (dal lunedì al venerdì dalle 16 alle 20 e la mattina dalle 10 alle 13 solo per gruppi organizzati e su prenotazione) è realizzata con al sostegno della Regione Puglia -Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo-, in collaborazione con la Fondazione Apulia Film Commission e Cineporti di Puglia (Lecce).
                                

giovedì 13 settembre 2012

La scuola di Reggio Emilia di Loris Malaguzzi


Una bella sintesi di Domenico Valenza per ricordare un sistema educativo esportato nel mondo e purtroppo poco usato e conosciuto nel nostro paese: La scuola di Reggio Emilia.

# Nella scuola di Reggio Emilia, ideata da Loris Malaguzzi, i bambini passano molto tempo all’aperto, visitano i luoghi più svariati e anche a scuola possono disporre di vari materiali. Gli educatori sollecitano i bambini a lavorare a progetti significativi, l’impegno fa sì che essi diventino più competenti e riescano a produrre qualcosa di apprezzato e che li renda orgogliosi di sé. I genitori si incontrano spesso per parlare della creatività dei loro figli, dei progetti didattici.

Uno dei principi ispiratori di questa scuola è “niente senza gioia”; si fa di tutto perché la scuola sia un piacere per i bambini fin dal primo giorno. Ai bambini vengono offerte molte opportunità perché la loro creatività possa esprimersi offrendo loro gli strumenti necessari (amore, solidarietà, ecc.). Il programma è costruito non tanto sulle materie, quanto piuttosto intorno a progetti che comportano uno sforzo collettivo di pensieri e creatività. I bambini devono immergersi completamente in una attività e imparare a lavorare in gruppo.

Una caratteristica di tale scuola è che i progetti attingono a diversi linguaggi: musicale, spaziale, corporeo e non solo ai due tipi di intelligenza, cioè linguistica e logico-matematica; nella vita sono richiesti anche altri tipi di capacità. Pertanto occorre che la scuola si preoccupi di fornire una più vasta gamma di capacità e valorizzi tutti i diversi tipi di intelligenza. Spesso, in realtà, la scuola invece di sollecitare la creatività nei bambini, la inibisce.