venerdì 24 febbraio 2012

Il valore della timidezza

 


   

Vorrei ricordare agli adulti che la timidezza non è un problema, lo è, invece l'invadenza di chi, indelicatamente, dice in presenza di un bambino riservato: eh...ma è timido! Non sanno quanto la loro infelice uscita, lo inibisca ancora di più, lasciando un marchio che negli anni, incontrando persone indelicate come loro, si trasforma in insicurezza ed ansia. Lasciamo che i bambini siano liberi di esprimersi come vogliono, con i tempi che ritengono loro necessari di usare per relazionarsi con gli altri. Non forziamo la loro natura, opprimendoli con le nostre aspettative.    

Di seguito, la sintesi a cura del dott. W. La Gatta, psicologo e psicoterapueta, di un interessante libro: Quiet - The Power of Introverts in a World That Can’t Stop Talking di Susan Cain, docente di diritto e competenze di negoziazione, che vede la timidezza come strategia e gli introversi come persone sensibili, abili a riflettere e sviluppare maggiore propensione nel problem solving.


Oggi sempre più spesso le persone timide vengono incoraggiate a sentirsi delle persone "malate". E pensare che la timidezza, l'introversione - o più precisamente, il temperamento sensibile ed attento, non solo è "normale", ma è anche prezioso. E può essere anche essenziale per la sopravvivenza della nostra specie.

Prima del 1980, il disturbo d'ansia sociale non esisteva ufficialmente fino a quando non apparve nel Manuale Diagnostico e Statistico di quell'anno, il DSM-III, la bibbia degli psichiatri, sotto il nome di "fobia sociale." Non è stato però conosciuto dal grande pubblico fino al 1990, quando le aziende farmaceutiche hanno ricevuto dalla FDA (Food and Drugs Administration) l'approvazione per la messa in commercio dei farmaci SSRI contro l'ansia sociale e investito decine di milioni di dollari in pubblicità, per far conoscere la sua esistenza. L'attuale versione del Manuale Diagnostico e Statistico, il DSM-IV, riconosce che la paura del palcoscenico (e la timidezza in situazioni sociali) è comune e non necessariamente un segno di malattia. Ma nel manuale si dice anche che la diagnosi può essere effettuata quando l'ansia "interferisce in modo significativo" con le prestazioni lavorative o se il malato mostra "disagio marcato" relativamente a questo problema.

Il DSM riflette inevitabilmente gli atteggiamenti culturali, e sebbene il DSM non abbia deciso di patologizzare la timidezza, potrebbe rischiare di farlo, avvicinandosi peraltro pericolosamente anche all'introversione, che potrebbe essere anch'essa vista come una malattia (La timidezza e l'introversione non sono la stessa cosa: le persone timide temono un giudizio negativo; gli introversi semplicemente preferiscono una vita tranquilla, vivendo in ambienti poco frequentati.)

A scuola si spingono gli allievi a lavorare in gruppo, perché si suppone che la partecipazione ad un gruppo conduca ad un migliore apprendimento. Sul lavoro, molti adulti lavorano in team, in uffici senza pareti, in cui tutti sanno e vedono tutto. La nostra società preferisce l'azione alla contemplazione, la certezza al dubbio. Gli studi dimostrano che i più chiacchieroni, quelli che hanno un eloquio veloce, sono visti come più simpatici e intelligenti, rispetto alle persone che parlano con maggiore lentezza. Le frasi-tipo che ci sentiamo continuamente dire, come notano gli psicologi William Hart e Dolores Albarracin sono "devi essere attivo", "devi fare qualcosa"...

Eppure le persone timide e introverse fanno parte della nostra specie da moltissimo tempo e spesso occupano anche posizioni di leadership. Li troviamo nella Bibbia ("Chi sono io, che dovrei andare dal faraone?" Chiede Mosè, che il Libro dei Numeri descrive come "molto mite, il più mite degli uomini che erano sulla faccia della terra.") Nella storia recente troviamo personaggi come Charles Darwin, Marcel Proust e Albert Einstein, o, nel mondo di oggi, Larry Page di Google, o la creatrice di Harry Potter, JK Rowling.

Come dice il giornalista scientifico Winifred Gallagher, non esisterebbero la formula della relatività o il "Paradiso Perduto" se le persone che hanno compiuto tali opere non fossero riuscite ad estraniarsi dagli stimoli, a non desiderare di coinvolgersi con essi.

Possiamo trovare degli "introversi" anche nel regno animale, dove dal 15 al 20 per cento delle specie sono vigili, lente, portate a tenersi ai margini  (definite "sitter") mentre il restante 80 per cento sono "rover", cioè si buttano nell'azione senza pensarci due volte. Sitters e Rovers permettono strategie di sopravvivenza diverse, che potrebbero essere riassunte con la frase: "Guarda prima di saltare" del sitter, contro l'inclinazione del rover, che è piuttosto quella di: "Fallo!" Ogni strategia ottiene diverse ricompense.

In un esperimento illustrativo, David Sloan Wilson, biologo evoluzionista di Binghamton, ha fatto scendere delle trappole di metallo in uno stagno di pesci luna. I pesci "rover" non hanno potuto trattenersi dal cercare di capire di cosa si trattasse - e sono stati immediatamente catturati. I pesci "sitter" sono rimasti indietro, rendendo impossibile al professor Wilson poterli catturare. Se il professor Wilson avesse ideato delle trappole realmente letali, solo i sitter sarebbero sopravvissuti. Ma se i sitter avessero preso lo Zoloft e fossero diventati più simili agli audaci rover, l'intera famiglia di pesci luna sarebbe stata spazzata via. L'Ansia" nei confronti della trappola ha salvato così la vita dei pesci.

Successivamente, il professor Wilson ha usato reti da pesca per catturare entrambi i tipi di pesce. Quando li ha riportati nel suo laboratorio, ha osservato che il rover rapidamente si acclimatava al nuovo ambiente e iniziava a mangiare a pieno ritmo, cinque giorni prima rispetto rispetto ai suoi fratelli sitter. In questa situazione, i rover sarebbero sopravvissuti con maggiori probabilità. "Non c'è una personalità migliore e una peggiore", conclude il professor Wilson nel suo libro," Evolution for Everyone ", ma piuttosto una diversità nella personalità, che è stata mantenuta dalla selezione naturale.

Lo stesso si potrebbe dire degli esseri umani: nel 15 - 20 per cento dei casi essi nascono con un temperamento "sitter", che li predispone alla timidezza e all' introversione. (Il 40 per cento diventano timidi, secondo il professore di psicologia Cheek Jonathan, e il 50 per cento introversi. E' possibile dunque che una persona nata "sitter" non diventi mai timida o, al contrario,  introversa).

Una volta che conosci il concetto di sitter e rover, li vedi ovunque, specialmente tra i bambini.

Rilassato ed esplorativo, il rover ama divertirsi, fare amicizia, correre dei rischi, gratificanti o pericolosi che siano. Secondo Daniel Nettle, psicologo evoluzionista dell'Università di Newcastle, gli estroversi hanno maggiori probabilità degli introversi di essere ricoverati in ospedale a causa di un infortunio. Uno studio sugli autisti di autobus ha scoperto che gli incidenti sono più probabili quando al volante ci sono autisti estroversi.

Al contrario, i bambini sitter sono attenti e astuti, e tendono ad imparare osservando invece che facendo. Studi risalenti agli anni sessanta, condotti dagli psicologi Jerome Kagan e Ellen Siegelman avevano scoperto che i bambini i bambini più riflessivi trascorrevano un tempo maggiore a considerare tutte le alternative, rispetto ai bambini più impulsivi, compiendo molti movimenti oculari prima di prendere una decisione. Recenti studi da parte di un gruppo di ricercatori della Stony Brook University e presso alcune università cinesi, hanno usato la risonanza magnetica funzionale. Utilizzando questa tecnologia si è scoperto che gli adulti con temperamenti sitter guardano con più attenzione al compito che stanno svolgendo e mostrano una maggiore attività nelle regioni cerebrali che creano associazioni tra le immagini che stanno osservando e le altre informazioni immagazzinate nel cervello.

Una volta raggiunta l'età scolare, i bambini sitter usano tali caratteristiche con grande efficacia. Gli introversi, che tendono ad assimilare tutte le informazioni, svolgono con molta precisione i loro compiti ed hanno un rendimento scolastico eccellente, secondo il Center for Applications of Psychological Type, il settore che si occupa della ricerca per il Myers-Briggs personality type indicator, anche se il loro quoziente intellettivo non è superiore a quello degli estroversi. Un altro studio, condotto dagli psicologi Eric Rolfhus and Philip Ackerman ha studiato il livello di conoscenza di 141 studenti universitari su 20 argomenti diversi: dall'arte all'astronomia, alla statistica, e ha scoperto che gli introversi sapevano più degli estroversi su circa 19 argomenti. Presumibilmente, i ricercatori hanno concluso, perché più tempo si dedica alla socializzazione, meno tempo si ha per l'apprendimento.

Lo psicologo Gregory Feist ha scoperto che molte delle persone più creative in diversi campi sono introverse e lavorano a proprio agio in condizioni di isolamento, in cui possono focalizzare l'attenzione verso l'interno. Steve Wozniak, l'ingegnere che ha fondato la Apple con Steve Jobs, ne è un esempio:Wozniak descrive il suo processo creativo come un esercizio condotto in solitudine. "La maggior parte degli inventori e degli ingegneri che ho incontrato sono come me", scrive in "iWoz", la sua autobiografia. "Sono timidi e vivono nella loro testa. Sono quasi come degli artisti. In realtà, i migliori di loro sono artisti. E gli artisti lavorano meglio da soli ... Non in un comitato. Non in una squadra ".

L'ansia, a quanto pare, può servire per un importante scopo sociale: ad esempio, gioca un ruolo chiave nello sviluppo della coscienza di alcuni bambini. Quando li si rimprovera per qualche loro comportamento sbagliato, diventano ansiosi, e dal momento che l'ansia è sgradevole, tendono a sviluppare comportamenti pro-sociali. I bambini timidi sono spesso più facili alla socialità e più coscienziosi, secondo la psicologa dello sviluppo Grazyna Kochanska. Intorno ai 6 anni hanno maggiori probabilità dei loro coetanei di dire bugie o di non rispettare le regole, anche quando sanno di non poter essere scoperti, secondo uno studio. Entro i sette anni hanno maggiori probabilità di essere descritti dai genitori come aventi elavati livelli di moralità, come ad esempio un comportamento empatico.

Eleanor Roosevelt era una leader coraggiosa anche se probabilmente era una sitter. Molto timida e seria da bambina, crebbe fino a diventare una donna che non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sofferenza di altre persone - e che esortò il marito, Franklin Delano Roosevelt, a fare lo stesso.

Un altro vantaggio che porta i sitter alla leadership è la capacità di ascoltare e di realizzare le idee degli altri. Uno studio innovativo condotto dal management Wharton, ad opera del professor Adam Grant, che sarà pubblicato questo mese in The Academy of Management Journal, ha scoperto che gli introversi superano gli estroversi quando guidano delle squadre di lavoratori pro-attivi - il tipo di dipendenti che prendono l'iniziativa e che devono studiare modi migliori di fare le cose. Il Professor Grant osserva che spesso si chiede ai leader introversi di migliorare la loro capacità di comunicazione e di sorridere di più, anche se in fondo sono i leader estroversi che hanno bisogno di cambiare: farebbero meglio ad ascoltare di più e a parlare di meno.

Cosa sarebbe del mondo se tutti i sitter scegliessero di curarsi? Potrebbe venire il giorno in cui si hanno a disposizione le pillole che "curano" la timidezza e che, per effetto del farmaco, gli introversi si trasformino in farfalle sociali - senza gli effetti collaterali e altri inconvenienti dei farmaci di oggi. (Uno studio recente suggerisce che gli SSRI di oggi non solo alleviano l'ansia sociale, ma inducono anche un comportamento estroverso.) Potrebbe arrivare il giorno - o essere già qui - che le persone decidono di modificare la loro psiche come se fosse il colore dei loro capelli. Se continuiamo a confondere la timidezza con la malattia, potremmo ritrovarci in un mondo di tutti rover e nessun sitter, di tutti yang e nessun yin.

Si può naturalmente comprendere il bisogno che certi medici sentono di alleviare alcuni disturbi di timidezza nei pazienti, attraverso i farmaci o anche la psicoterapia cognitivo-comportamentale. Ma anche in questo tipo di psicoterapia si parte dall'assunto che vi sia qualcosa che non vada bene nella persona. Forse, sostiene la Cain, dovremmo ripensare il nostro approccio alla fobia sociale: affrontando il dolore, ma rispettando il temperamento che lo sostiene. L'atto di trattare la timidezza come se fosse una malattia oscura il valore di quel temperamento. Aiutare le persone a liberarsi del disagio sociale non implica necessariamente patologizzare la loro natura, ma piuttosto spingerle ad usare i propri talenti.